Lorenzo Bartoli
(Universidad Autónoma de Madrid)
14 November 2003


Bruni e Boccaccio biografi di Dante: appunti filologici

La Vita di Dante di Leonardo Bruni (1436) si propone, sin dal Proemio, come una vera e propria correzione della biografia di Dante tracciata dal Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante. Scrive infatti l’Aretino:

“Avendo in questi giorni posto fine a un’opera assai lunga [...], mi venne alle mani un’operetta del Boccaccio intitolata Della vita, costumi et studii del clarissimo poeta Dante; la quale opera, benché da me altra volta fusse stata diligentissimamente letta, pure al presente examinata di nuovo, mi parve che il nostro Boccaccio, dolcissimo et suavissimo huomo, così scrivesse la vita et i costumi di tanto sublime poeta come se a scrivere avessi il Philocolo, o il Philostrato o la Fiammetta. Però che tutta d’amore et di sospiri et di cocenti lagrime è piena, come se l’huomo nascesse in questo mondo solamente per ritrovarsi in quelle dieci giornate amorose, nelle quali da donne innamorate et da giovani leggiadri raccontate furono le Cento Novelle. E tanto s’infiamma in queste parti d’amore, che le gravi et substanzievoli parti della Vita di Dante lassa indietro et trapassa con silentio, ricordando le cose leggiere et tacendo le gravi. Io adunque mi puosi in cuore per mio spasso scrivere di nuovo la Vita di Dante con maggiore notitia delle cose estimabili.” (Viti, 537-38).
Questo schema oppositivo, per il quale da una parte vi sarebbe il Dante romanzato e sentimentale del Boccaccio, e dall’altra quello civile e politico del Cancelliere, è stato oggetto di importanti studi nell’ambito della filologia dantesca e bruniana (da Dionisotti a Lanza, da Trovato a Mazzotta, dalla Gualdo Rosa a Viti), al punto da diventare una sorta di topos della discussione critica. E, d’altra parte, l’opposizione fra la biografia umanistica del Bruni e quella medievale del Boccaccio si ritrova già chiaramente formulata nella Vita di Dante di Alessandro Vellutello (Venezia 1544), laddove si legge che “volendo fondarci su la verità siamo costretti attenerci a quello che ne scrisse esso Aretino, il quale non come poeta, ma da vero storico, per molti scontri che ne abbiamo, sappiamo averla con somma fede e diligenza scritta” (Solerti, 203).

Il confronto fra la Vita ed il Trattatello costituisce, perciò, un passaggio obbligato negli studi della fortuna dantesca a Firenze fra Tre e Quattrocento. Ma mentre la critica si è soffermata soprattutto sulla dimensione ideológica della contrapposizione fra i due testi (il rapporto fra poesia e politica, fra finzione e storia, fra medioevo e umanesimo), è mancato viceversa un confronto fra le due opere nei termini della critica del testo, costruito, cioè, sulla collazione del testo del Bruni con quello del Boccaccio. Benché infatti, del Trattatello in laude di Dante del Boccaccio esistano ben tre diverse versioni, nessuno degli studi che ho potuto consultare affronta la questione (secondo me invece decisiva ai fini dell’interpretazione sia del testo bruniano che di quello boccacesco) di quale versione del Trattatello il Bruni avesse presente: la prima, più lunga e politica, da collocare attorno al 1351-55 (cioè agli anni di più intensa attività politica del Boccaccio); o la seconda, riscritta dal Boccaccio negli anni ’60, dopo la fallita congiura del 1359 e chiaramente de-politicizzata (la terza versione del Trattatello, infatti, è, in veritá, assai vicina alla seconda, e dal punto di vista interpretativo risulta poco determinante) (Barbi; Ricci).

Dalla collazione, dunque, del testo del Bruni (ed. Viti) con entrambe le versioni del Trattatello (ed. Ricci), emergono i seguenti loci critici sui quali varrà la pena soffermarsi brevemente:

1. Il titolo dell’opera del Boccaccio citato dal Bruni nel Proemio (Della vita, costumi, et studii del clarissimo poeta Dante), coincide con quello della seconda versione del Trattatello (Della origine, vita, costumi e studii del chiarissimo poeta Dante Alighieri di Firenze), ma non con la prima, che presenta un titolo ampliato ed oltretutto in latino (De origine, vita, studiis et moribus viri clarissimi Dantis Aligerii Florentini, poete illustris).

2. Nella ricostruzione della tradizione poetica che culmina con Dante, il Bruni scrive:

“Cominciossi a dire in rima, secondo scrive Dante, innanzi a lui anni 150; et furono i principii in Italia Guido Guinizzelli bolognese, Guitton cavaliere gaudente d’Arezzo, et Bonagiunta da Lucca et Guido da Messina, i quali tutti Dante soverchiò di gran lunga di sententie, di pulitezza et d’elegantia et di leggiadria, intanto che è oppinione di chi intende che non sarà mai huomo che Dante vantaggi in dire in rima” (Viti p. 551).

Il rimando del Bruni all’opinione di chi intende, non è espressione che si accompagni bene alle argomentazioni filologiche del Cancelliere. Ma il fatto è che quell’opinione, era appunto l’opinione riferita dal Boccaccio nella seconda versione del Trattatello, in cui si legge che “tolta di gran lunga la fama a’ dicitor passati, mise in opinion molti che niuno nel futuro esser ne dovesse, che lui in ciò potesse avanzare” (p. 503, par. 30, che riprende e sviluppa Purg. XI, 97-99: “Così ha tolto l’uno a l’altro Guido / la gloria della lingua; e forse è nato / chi l’uno e l’altro caccerà del nido”); laddove nel primo Trattatello non vi è alcun riferimento alle opinioni di chi intende circa la fortuna dell’opera poetica di Dante.

3. In conclusione del paragrafo dedicato alla partecipazione di Dante a Campaldino, il Bruni scrive:

“vorrei che ‘l Boccaccio nostro di questa virtù più che dello amore di nove anni avesse fatto menzione et di simili leggerezze, che per lui si raccontano di tanto huomo” - chiosando, poi, malignamente: “Ma che giova a dire? La lingua pur va dove il dente duole, et a chi piace il bere, sempre ragiona di vini” (p. 541).

Ora, nel primo Trattatello il Boccaccio, accanto all’amore di Dante per Beatrice, non fa riferimento ad alcuna altra simile leggerezza; mentre nel secondo aggiunge un paragrafo in cui sembra davvero indulgere nelle leggerezze amorose del Dante ormai anziano:

“Né fu solo da questo amore passionato il nostro poeta, anzi, inchinevole molto a questo accidente, per altri obietti in più matura età troviam lui sovente aver sospirato; e massimamente dopo il suo esilio, dimorando in Lucca, per una giovine, la quale egli nomina Pargoletta. E oltre a ciò, vicino allo stremo della sua vita, nell’alpi di Casentino per una alpigina, la quale, se mentito non m’è, quantunque bel viso avesse, era gozzuta” (pp. 503-504, par. 35).

Da notare, tra l’altro, che questo passo risulta strettamente legato a quanto il Boccaccio scrive nell’Introduzione alla IV Giornata del Decameron: “io mai a me vergogna non reputerò infino nello stremo della mia vita di dover compiacere a quelle cose alle quali Guido Cavalcanti e Dante Alighieri già vecchi e messer Cino da Pistoia vecchissimo onor si tennero, e fu lor caro il piacer loro” (par. 33); e la vicinanza argomentativa fra il Trattatello e l’Introduzione alla IV Giornata del Decameron acquista tanto più rilievo, mi pare, in quanto limitata alla seconda versione del Trattatello, e dunque preziosa anche in sede di cronologia compositiva e del Trattatello e del Decameron.

Mentre abbondano dunque gli elementi che uniscono distintivamente la Vita di Dante di Bruni con la seconda versione del Trattatello, non esistono viceversa tracce di un collegamento con la prima versione. Il Bruni, quindi, quando nella sua Vita di Dante polemizza con il Boccaccio, non polemizza con il Boccaccio politico della prima versione del Trattatello, bensí con quello erotico-sentimentale della seconda versione: ciò che mi pare un risultato importante non solo sul piano strettamente filologico, essendo la questione sfuggita ai critici bruniani, ma anche per le implicazioni interpretative circa il significato strettamente politico sia della Vita di Dante del Bruni, sia della prima versione del Trattatello in laude di Dante del Boccaccio.


Bibliografía di Riferimento:

Barbi, M. (1913, 1975), “Qual’è la seconda redazione della «Vita di Dante» del Boccaccio?”, in Id. Problemi di critica dantesca, Firenze, Sansoni, pp. 395-427.

Boccaccio, G. (1974), Vita di Dante, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, III, a c. di P.G. Ricci, Milano, Mondadori.

Dionisotti, C. (1965), “Dante nel Quattrocento”, in Atti del Congresso Internazionale di Studi Danteschi, Firenze, Sansoni, 2 voll., I, 333-78.

Gualdo Rosa, L. (1995), “Leonardo Bruni e le sue Vite parallele del Dante e del Petrarca”, Lettere Italiane, 47, 386-401.

Mazzotta, G. (1993), “Life of Dante”, The Cambridge Companion to Dante, Cambridge, UP, pp. 1-13.

Petrocchi, G. (1983), Vita di Dante, Roma-Bari, Laterza.

Solerti, A. (1905), Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio, scritte fino al secolo decimosesto, Milano, Vallardi.

Trovato, P. (1985), “Dai «Dialogi ad Petrum Paulum Histrum» alle «Vite di Dante e del Petrarca». Appunti su Leonardo Bruni e la tradizione trecentesca”, Studi petrarcheschi, 2, 263-84.

Viti, P. Ed. (1998), Opere di Leonardo Bruni Aretino, Torino, Utet.