Ambrogio Camozzi
(Mphil Candidate, Cambridge University)
19 December 2008


Una possibile fonte per l’antropofagia cranica, le cagne, le lune e il sogno di Ugolino

In cerca delle fonti per la strana statua che Dante colloca in Creta [1], mi sono imbattuto recentemente in questo paragrafo dell’Exposicions et significacions des songes,editato da Michelle Georgette Glover a partire dal MS français 1317 (xiv sec.) della Bibliothèque Nationale di Parigi:

De Mangier de Tete
[Pers. & Eg.] Cil qui voit qu’il mangue la teste d’un homme signifie qu’il se eslevera frauduleusement encontre son prelat et mauvaisement en ouvrera et par aventure il succedera a sa dignité [2].

L’autore dell’Exposicions volgarizza una diffusa traduzione latina dell’Oneirocriticon di Achmet ben Sirin [3]. L’Oneirocriticon è un manuale per l’interpretazione dei sogni scritto sotto l’impero bizantino, alla fine del x secolo, da un cristiano in grado di leggere e riadattare in greco i testi arabi [4]. La traduzione è del 1176, l’autore è Leo Tuscus, un membro della radicata colonia di pisani assunti alla corte di Manuele Komnenos. Nonostante l’opera di Achmet sia integralmente disponibile nell’occidente latino circa quattrocento anni prima del testo di Artemidoro e sia considerata «the most important Byzantine dreambook in terms of both size and literacy impact on the genre of dream interpretation» [5], la traduzione di Leone è ancora inedita e i suoi riscontri sulle letterature medievali sono rimasti inesplorati. Ne riporto il passaggio dal più antico manoscritto esistente, il Digby 103 (xii sec.):

Folio 69 Recto (fine pagina)
xviii. Secundum Indos de commestione capitis
Folio 69 Verso
[…]
De eodem secundum Egyptios
Si autem contemplatus fuerit quod caput hominis comedat in prelatum suum dolose aget et male operabitur. Forte autem et dignitati suae succedet.[…] [6]

Al momento non sono in grado di assicurare la presenza del testo «nei palchetti dei libri ai quali Dante potrebbe aver avuto accesso» [7]. L’elenco dei manoscritti contenenti la traduzione di Leone andrebbe aggiornato e sono poco noti i legami che la comunità pisana stanziatasi a Bisanzio mantenne con la città di origine, quella Pisa di cui Ugolino fu podestà. Vi è però qualcosa di straordinariamente somigliante tra il passaggio in esame e la condizione del conte fraudolento, manducatore del cerebro del suo arcivescovo. Non vi è dubbio che per il modus terribile, il disdegno (Inf. 32.134) con cui avviene la manducazione, il poeta si appoggi al desiderio bestiale del moribondo Tideo, raccontato da Stazio nell’ottavo libro della Tebaide (751-61). Ma la ragione che collega il cannibalismo cranico all’azione fraudolenta non si trova nel poema latino e potrebbe invece trovarsi proprio nel rapporto tra Dante, Ugolino e la scienza oneirocritica. È pur vero che nel manuale di Achmet il manducatore coincide senza dubbio con l’autore della frode. Nella Commedia, al contrario, se non si considerano le azioni che lo condannano al luogo da cui ora parla, Ugolino passa per il personaggio tradito, vittima [8]. Questa aporia, però, non mi sembra in grado di scardinare le due immagini. Ritengo abbastanza improbabile che si sia ripetuto casualmente l’intreccio di tre elementi così eterogenei come la frode, la manducazione del cerebro – non decapitato – e la figura del prelatus [9]. Tanto più che dovrebbero essere considerate casuali altre due comuni presenze: le cagne e le lune.

Il disperato racconto di Ugolino comincia dal sogno fatto nella Muda. Più che il ricordo di fatti trascorsi credo si tratti di un sogno divinatorio (che del futuro mi squarciò il velame,v. 27), in cui il conte si vide cacciato e infine sopravanzato dalle cagne (31). Si è ormai depositata sul testo l’immagine della persecuzione politica, del popolo aizzato e della cattura dei fuggitivi rinchiusi poi nella torre. Quale sarebbe però il contenuto divinatorio che Ugolino annuncia? Si potrebbe seguire invece un’altra lettura che il testo mi sembra consenta. Nelle fameliche inseguitrici[10], magre, studiose e conte, Ugolino-lupo sembra riconoscere le famiglie nemiche dei Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi (32) o, come viene più comunemente accettato, il popolo pisano. Si tratterebbe di un topos del genere oneirocritico: nel Somniale Danielis [11], “one of the most popular books in medieval Europe” [12], sognare di essere infestati dai cani ha infatti un solo e preciso significato.

1. «Kanes latrantes uidere uel ab eis infestare, ab inimicis tuis superabis», Somniale Danielis (x sec.).
2.«Canes latrantes uiderit, uel eis infestare, inimici tui te superare querunt significat»; «Si uideris multos canes, de inimicis tuis te cauere significat», De somniorum diuersitate … Danielis prophete (xi sec.).
3. «Vir chiens abaians ou estre encauchiés d’iaus senfie lui estre sormonté de ses anemis»; «Chiens abaians oïr ou estre encauchiés d’iaus senefie anemis», Somniale Danielis (xiii sec.) [13].

L’inseguimento dei cani si trova (ancora casualmente?) anche nel libro di Achmet al capitolo clxvv [14]. Mi limito dunque a constatare che, adottando questa letteratura come sostrato del passo, quanto annunciato dal sogno si verifica: la prigionia non ha infatti un esito positivo ma si conclude con la morte del conte e la vittoria dei suoi nemici.
La terza presenza sono le lune (26).I manuali per interpretare i sogni sono di norma accompagnati nei manoscritti dai Lunaria o Lunationes, schematici calendari lunari che indicano gli influssi di ciascuna delle trenta lune del mese sull’attività umana. In particolare, ne viene sempre specificata l’azione sull’attività onirica. Per esempio:

Luna viii: […] Qui quid sompnium: certa sunt et uera.
Luna ix: […] Qui sompnium: secundo die euenit.
Luna x: […] Quid sompnium: nichil est. [15]

La ragione è nota agli studiosi della letteratura oneirocritica ed efficacemente fornita da Tullio Gregory che descrive il fenomeno relativamente al periodo della vita e della formazione culturale di Dante. «Nell’aristotelismo arabo, fortemente influenzato dalla scienza ellenistica, da suggestioni neoplatoniche e dal contesto religioso islamico, […] diversa importanza aveva assunto il sogno divinatorio quale modo particolare di conoscenza […]; siamo innanzi a un sistema fisico che trova il suo principio nella dipendenza di ogni mutamento nel mondo sublunare dal moto dei corpi celesti incorruttibili; i sogni […] sono l’effetto dell’influenza dei cieli che agendo sulla struttura fisiologica e psichica dell’uomo trova la sua espressione nelle forme simboliche e metaforiche della fantasia» [16]. Ecco perché Alberto Magno nel De somno et vigilia «non aveva mancato di sottolineare le conoscenze astronomiche che l’interprete dei sogni deve possedere per definire il situs caelestium, le mansiones lunae et accessiones» [17]. In altre parole, la competenza acquisita nel manuale si completava solo con il Lunaria, che permetteva di stabilire il carattere divinatorio o vano del sogno. Per il contesto onirico, e il comune utilizzo che ne fanno Cecco d’Ascoli nel commento a Sacrobosco, Michele Scoto e Arnaldo da Villanova [18] ritengo allora che le lune conteggiate da Ugolino siano da intendersi come giornie non mesi. Egli non sta misurando la durata della detenzione ma il carattere ineluttabile della sua premonizione e l’amaro sapore del suo destino:

più lune già, quand’io feci ’l mal sonno che del futuro mi squarciò ’l velame.[19]

Ho presentato un primo e iniziale risultato del confronto tra il testo dantesco e la tradizione oneirocritica. Mi si perdonerà, spero, l’essenziale apparato di note e di riferimenti critici che, per l’episodio di Ugolino, sono tra i più numerosi e alti.


[1] Inf. 14.76-142; i risultati di quella ricerca sono in “Il veglio di Creta alla luce di Matelda”, un articolo di prossima pubblicazione.

[2] Glover, “Critical Edition of the Middle French Version of Achmet ibn Sirin’s Oneiromancy …”, PhD diss., London, Birkbeck College, 1992, p. 24. Il corrispettivo passaggio in “Exposicions et significacions des songes…”, a cura di Berriot, Geneva, Droz, 1989, p. 84.

[3] Haskins, Studies in the History of Mediaeval Science, Cambridge, Harvard University Press, 1927, pp. 216-217; Thorndike, HMES, New York, Macmillan, 1923-58, II, pp. 292-293.

[4] Mavroudi, A Byzantine book on dream interpretation: the Oneirocriticon of Achmet and its Arabic sources, Leiden, Brill, 2002.

[5] Mavroudi, op. cit.,pp. 4-5.

[6] Oxford, Bodleian Library, Digby 103 f. 69rv. Ringrazio per l’aiuto Giuseppe Pezzini.

[7] Villa, “Rileggere gli archetipi: la dismisura di Ugolino”, in Leggere Dante, ed. L. Battaglia Ricci, Ravenna, Longo Editore, 2004, p. 115.

[8] Segnalo che sono ancora poco note le vicende storiche pisane e che, a proposito dei rapporti con l’arcivescovo, il dannato è singolarmente ritroso (33.16-18).

[9] Cfr. Mavroudi, op. cit., p. 188.

[10] Ricordo la convincente lettura della semantica «bestiale» che domina la zona di Caina-Antenora in Brugnoli, Le "cagne conte", in Filologia e critica dantesca. Studi offerti a Aldo Vallone, Firenze, Olschki, 1989, pp. 95-112.

[11] Ditommaso, The book of Daniel and the apocryphal Daniel literature, Leiden, Brill, 2005.

[12] Turville-Petre, “Dream Symbols in Old Icelandic Literature”, in Festschrift Walter Baetke, Weimar, 1966, p. 349.

[13] Per questi e alcuni altri esempi cfr. Fischer, The complete Medieval Dreambook, Bern, Lang, 1982.

[14] MS Digby 103 f. 122v.

[15] MS Egerton 821 (xiii sec.). Per questo e altri esempi cfr. Weisser, Studien zum mittelalterlichen Krankheitslunar, Pattensen/Han., Wellm, 1982. Nell’Oneirocriticon, l’influsso delle lune sui sogni viene analizzato nel prologo. Per alcuni esempi di indici cfr. Martin, ‘Somniale Danielis an edition of a Medieval Latin …, Lang, Frankfurt, 1981. Per inquadrare il tema cfr. Ditommaso, op. cit.

[16] Gregory, I sogni e gli astri, in I Sogni nel medioevo, Roma, Ateneo, 1985, p.118.

[17] Gregory, op. cit., p.136; De somno et vigilia iii.i.

[18] Gregory, op. cit., p.136.

[19] Inf. 33.26-27.