Alberto Pimpinelli
(Université Blaise Pascal
de Clermont-Ferrand
)
14 August 2010


Thema mundi: Macrobio, Virgilio e Inferno 1.37-40

All'inizio della Commedia, in Inf. 1.37-40, Dante sorprende il lettore moderno con una descrizione astronomica, e 'l sol montava 'n su con quelle stelle / ch'eran con lui quando l'amor divino / mosse di prima quelle cose belle, incomprensibile senza il sostegno di un commento.

Una ricerca nel Dartmouth Dante Project database (DDP) [1] mostra che gli antichi commentatori, tra cui i figli di Dante, senza esitazione ritengono che il Poeta descriva il Sole che sorge nel segno dell'Ariete, dove appunto si sarebbe trovato quando l'amor divino / mosse di prima quelle cose belle, ossia quando Dio creò il mondo. Dante farebbe dunque riferimento all'equinozio di primavera. E quelle stelle starebbe a indicare un segno zodiacale, l'Ariete appunto, e non una costellazione.

Per un lettore moderno, come detto, ciò è tutto tranne che chiaro. E viene spontaneo domandarsi a quale autorità Dante e seguaci si riferiscano per localizzare il Sole all'equinozio vernale al momento della Creazione.

Il Reverendo Edward Moore, nel suo monumentale lavoro sui riferimenti temporali nella Commedia [2], dedica la terza delle sue Supplementary Notes (118-121) alla questione. Moore cita vari passaggi di Brunetto Latini, che pongono il primo dì del secolo sotto il segno dell'Ariete. Egli riferisce quello che chiama “common belief that the Sun was created at the Vernal Equinox” all'autorità del Venerabile Beda (119), e cita poi altri testi antichi che a Beda si rifanno.

In effetti, Gioachino Berthier ci insegna che Beda come fonte di Dante (Sol in Arietem. Prima dies saeculi) fu dapprima suggerito da Cesare Aguilhon, come riferisce Jacopo Ferrazzi nel Manuale Dantesco.

Si noti che l'indovinello dantesco può essere risolto in due modi: scoprendo quali siano le stelle, oppure quale sia stata la stagione della Creazione; i primi commentatori scrivono l'equazione “Creazione=Sole in Ariete=Primavera” senza esitare.

Tuttavia il Boccaccio utilizza una curiosa formulazione nel commentare il passo in questione: (…) nel principio del quale [dell'Ariete] affermano alcuni nostro Signore aver creato e posto il corpo del sole. Questo affermano alcuni sembra implicare che altri affermerebbero diversamente. In effetti, un autore non ecclesiastico ma seguitissimo nel medioevo, Macrobio, discute della nascita del mondo, e dice tutt'altro.

La configurazione celeste al momento della nascita del mondo, che nel linguaggio astrologico è nota come thema mundi, viene ad esempio evocata nel XII secolo da Guillaume de Conches, un filosofo e teologo appartenente alla cosiddetta Scuola di Chartres. Nel suo De Philosophia Mundi [3]Guillaume scrive che secondo gli Ebrei e i Latini il mondo fu creato con il Sole in posizione equinoziale, in primavera. Curiosamente la sua fonte è … Virgilio (che nel Poema Sacro compare poco dopo i versi che stiamo considerando.) Nelle Georgiche (2.336-342) si legge infatti:

“Giorni diversi non credo / che brillassero un tempo alle origini del mondo / o di diverso corso: era primavera: / su tutta la terra passava primavera,  / ed Euro trattenne i turbini d'inverno / quando i primi animali bevvero la luce / e la razza degli uomini nei campi aspri alzò il capo / e spinte furono le fiere nelle selve, le stelle nel cielo.”

Se Virgilio (che non cita costellazioni, ma solo la stagione) è il testimone dell'opinione d'Ebrei e Latini, Macrobio è chiamato in causa da Guillaume come portavoce della versione del thema mundi degli Egizi, che ponevano invece la creazione in estate. Ecco il  testo in questione:

Aiunt incipiente die illo, qui primus omnium luxit: id est, quo in hunc fulgorem coelum, et elementa purgata sunt, qui ideo mundi natali iure vocitatur, Arietem in medio coelo fuisse. Et quia medium coelum quasi mundi vertex est, Arietem propterea primum inter omnes habitum: qui ut mundi caput exordio lucis apparuit. Subnectunt etiam causam, cur haec ipsa doudecim signa assignata sint diversorum numinum potestati. Aiunt enim in hac ipsa genitura mundi, Ariete, ut docuimus, medium coelum tenente, horam fuisse mundi nascentis, Cancro gestante tunc Lunam: post hunc Sol cum Leone oriebatur: cum Mercurio Virgo: Libra cum Venere: Mars erat in Scorpio: Sagittarium Iupiter obtinebat: in Capricorno Saturnus meabat (1.21.23–24).

“Dicono che, all'inizio di quel giorno che brillò primo fra tutti—cioè, quello in cui lo splendore del cielo e gli elementi furono purificati, e che a giusto titolo si può chiamare il giorno natale del mondo—l'Ariete si trovasse nel mezzo del cielo. E poiché il mezzo del cielo è per così dire la sommità del mondo, per questo motivo l'Ariete fu considerato il primo tra tutti (i segni), esso che si presentò come capo del mondo all'apparire della luce. Aggiungono altresì il motivo per cui questi stessi dodici segni siano assegnati al potere di diverse divinità. Dicono infatti che l'ora di nascita del mondo si trovasse proprio in questa configurazione astrale: che l'Ariete, come dicemmo, reggesse il mezzo del cielo, mentre nello stesso tempo il Cancro portava la Luna. Sorgeva poi il Sole con il Leone, la Vergine con Mercurio, la Bilancia con Venere. Marte era nello Scorpione, a Giove era assegnato il Sagittario, e  Saturno transitava nel Capricorno.”

Riassumendo: secondo Virgilio, il mondo nacque in Primavera, dunque per definizione con il Sole in Ariete; secondo Macrobio, nel giorno natale del mondo il Sole era nel Leone – era dunque estate – mentre l'Ariete occupava il mezzo del cielo, il medium coelum. Quest'ultimo è un termine tecnico dell'astrologia antica, indicante l'intersezione del meridiano con l'eclittica al momento scelto per la redazione del thema natalis (si veda ad esempio A. Le Boeuffle, Astronomie Astrologie, Lexique latin, Picard, Paris 1987.)

Benché affermi chiaramente che il thema mundi comporta il Sole nel Leone, e non nell'Ariete, questo passo macrobiano compare spesso nei commenti a Inf. 1.37-40. Un esempio curioso è dato da Cristoforo Landino (DDPd). In primo luogo egli afferma, come tutti, che Dante descrive la stagione, ponendo il Sole in Ariete, segno che denota la primavera. Sentendo la necessità di giustificare questa affermazione, egli cita allora alla lettera Macrobio: “imperochè quando cominciò quel primo dì, el quale meritamente si può chiamare el natale del mondo, el segno del montone era nel mezo del cielo. Et perchè el mezo del cielo è quasi la sommità et capo d'esso cielo, pertanto e matemateci pongono l'ariete el primo de' segni del zodiaco, perchè in esso principio della luce essendo lui nella più excelsa parte, debitamente si può chiamare capo del mondo.” A questo punto, Landino descrive lo zodiaco, poi l'attribuzione dei pianeti ai segni: “Dicono adunque che in tal principio essendo el montone chome habbiamo decto nel mezo del cielo, el Sole apparve nel lione et la Luna nel cancro, Mercurio nella vergine, et Venere nella libra, et similmente Marte era nello scorpione, Iove nel sagiptario, et Saturno nel capricorno.

Sembra inspiegabile ch'egli non abbia constatato la contraddizion che nol consente insitanel voler armonizzare la primavera e il Sole nell'Ariete con il testo di Macrobio secondo cui il Sole apparve nel lione. Ma il Landino è in buona compagnia, perché non soltanto nessuno sembra aver sollevato il problema; molti lo hanno seguito senza esitazione. Tra questi Francesco Torraca e Daniele Mattalia, i cui commenti si possono leggere nel DDP. Cade nella trappola anche Giorgio Padoan: “Era il primo mattino, di primavera, e il sole sorgente occupava nel cielo quella medesima posizione ascendente in Ariete” (cfr. U. Palmieri, Studi Danteschi, XXXVIII, 1961, pp. 139- 141; e vedi la nota al v. 1), in cui si trovò quando quelle cose belle, le stelle (cfr. Inf. XVI 83; XXXIV 137; e vedi Macrobio,In Somnium Scip. I 21)furono primamente nel quarto giorno, per atto d'amore, create da Dio.” Lo seguono Francesco Mazzoni: “Quanto all'opinione che il mondo fosse stato creato in primavera, col Sole in Ariete, basti MACROBIO,”In Somn. Scip. I XXI, e Anna Maria Chiavacci Leonardi: “quelle stelle: la costellazione dell'Ariete, nella quale il sole si trova all'inizio della primavera, stagione in cui si credeva fosse avvenuta la creazione del mondo” (cfr. Macrobio,in Somn. Scip. I, xxi, e Brunetto Latini,Tresor I 6, 3).”

Scartato quindi Macrobio come ispiratore del “common belief” ci rimangono i Padri della Chiesa, e Virgilio. (Cf. nel DDPd Trifon Gabriele, Bernardino Daniello e Lodovico Castelvetro.) Due elementi potrebbero persino lasciar pensare che il passo delle Georgiche abbia direttamente ispirato Dante: in primo luogo, il fatto già ricordato che Virgilio apparirà dopo poche terzine, accolto come lo mio maestro da Dante; in secondo luogo, perché la visione del Sole sorgente in Ariete e la bella stagione danno fiducia a Dante—sì ch'a bene sperar m'era cagione / di quella fiera—forse proprio perché nel brano delle Georgiche Virgilio associa la primavera e la luce con la cacciata delle fiere nelle selve, immissae silvis come la lupa sarà rimessa ne lo 'nferno dal veltro.

 


[1] http://dante.dartmouth.edu/

[2] E. Moore, The Time References in the Divina Commedia, London 1887

[3] Teodorico di Chartres, Guglielmo di Conches, Bernardo Silvestre, Il divino e il megacosmo. Testi filosofici e scientifici della scuola di Chartres, Rusconi Libri 1980